“Selezione di merito = selezione sociale” Questo era il nostro slogan. Per me era in continuità con la mia lotta individuale ed isolata iniziata al liceo e poi al politecnico di Napoli, contro metodi d’insegnamento autoritari e nozionistici. L’unico esame in cui abbia mai preso un 30 fu il mio primo esame a Napoli: Analitica 1. “Mi descriva che figure d’interferenza si ottengono tra un paraboloide di rotazione ed un cilindro di asse ….”
Mi sembrava un sogno, riuscii a far dimenticare a tutti gli studenti presenti che quello era un esame, me ne dimenticai anch’io. Uno spazio nero con solidi di rotazione di un tenue azzurro entrarono nell’aula e le loro intersezioni tratteggiate e luminose danzavano nell’aria davanti agli occhi di tutti i presenti.
L’unico 30 …. L’unico esame non nozionistico e mnemonico. Presto seguito da una sfilza di 18, 22, 23, un 25! La convinzione di non essere molto intelligente, rafforzata negli anni di geologia dalla selezione mirata. La presa per il culo della Rossi, di paleontologia, che mi fa un esame non nozionistico e mi dà un 27 solo per umiliare Pietro, per metterci l’uno contro l’altro.
Già al liceo e durante il primo semestre a Napoli avevo cercato di “fare qualcosa” per arginare lo strapotere dei professori, anche di quelli bravi (a proposito non sono d’accordo con Claudio Cereda, io ho ottimi ricordi del mio prof d’Italiano, un prete cinquantenne e tanti altri di cui non ricordo il colore politico, ma che sono sicuro fossero di più colori). Battaglia da eroe alla John Wayne, nessuna paura degli indiani. Perdente, ovviamente.
Non riesco a distinguere l’aspetto della lotta alla selezione da quello della lotta antiautoritaria. Per noi a Geologia erano troppo intrecciate. Perciò devo astrarre: da Geologia a Scienze a tutto il Movimento.
Fino a Scienze per me va tutto bene: eravamo dei riformisti e forse i più concreti di tutto il movimento. Non a caso non mi ricordavo dei gruppi di studio, da noi mai esistiti.
Però era una bella scelta: volevamo “liceizzare” l’università. Per forza dovevamo perdere, avrebbero dovuto almeno quintuplicare il numero di docenti/assistenti, però giusta e sicuramente non gradita per lo sforzo che veniva richiesto (non solo economico).
Credo che il grande equivoco di tutto il movimento del ’68 sia stato il pensare che solo la selezione di merito fosse classista. Io credo che qualunque selezione sia classista. Se tu applichi criteri di uguaglianza ad una società di non uguali, quelli che sono in un contesto culturale più basso partono sempre svantaggiati. Così oggi che il numero di studenti universitari è grandemente cresciuto (qualcuno è capace di trovare dati?), la selezione di classe si sposta ai master, alla frequenza di università inglesi o americane, alle specializzazioni. E ancora una volta è selezione di classe. Che si fa? Si rovescia il mondo (però brutti risultati in URSS) oppure si cerca almeno di fare sì che quelli con maggiori strumenti possano andare avanti anche se a costo di maggiori sacrifici. Selezione di merito, appunto. Il contrario “avanti tutti alla velocità dei meno capaci” sposterebbe solo la selezione, ancora una volta al di fuori. Le tendenze “suicide” degli architetti dell’epoca (esami di gruppo, voto di gruppo) lo hanno dimostrato.
Nel frattempo, mentre discutiamo di cosa è giusto e cosa è sbagliato, la società ha bisogno di tecnici di valore, ha bisogno che i migliori vadano al top della ricerca, dell’amministrazione pubblica, delle imprese private. E invece ci troviamo i baroni a perpetuare il loro potere, l’amministrazione pubblica serbatoio di consenso per i politici, le imprese private …… lasciamo uno spazio vuoto, per il momento, né di qui, né di là. E tutt’attorno, come in una nuvola nera, una società che pare premiare i più mafiosi (vedi Mastella) e accettare la logica del va bene, dopotutto che male c’è se uno si arrangia da solo (con le raccomandazioni di altri, ovviamente).
I migliori se ne vanno, dappertutto pare, purché all’estero, dove si riesce a trovare situazioni più meritocratiche. Restano i “minori” e quelli che non sono interessati al potere e accettano “il potere baronale” e uno stipendio da terzo mondo, un’insicurezza cronica per tutta la vita lavorativa. Chi può emergere? Gli assatanati di potere che riescono a piegarsi alla logica baronale e che, come gli “oggetti di attenzione dei pedofili”, diventeranno a loro volta baroni (o pedofili).
Credo che siamo d’accordo tutti su questo, credo che nessuno voglia il perpetuarsi di una simile condizione. E allora, senza arrivare agli eccessi di competizione americani, facciamo nostra la bandiera della selezione meritocratica.
Semplicemente diciamo: noi come scienze non abbiamo mai fatto danni, ma ci siamo sbagliati nel quadro di riferimento perché eravamo mossi da sentimenti egualitaristi, da una passione generosa, che non abbiamo saputo supportare con strumenti d’analisi adeguati.
Che si faccia selezione meritocratica ovunque, dalla scuola media in su, fino all’università, alla ricerca, all’assunzione e alla promozione nell’apparato dello stato, dei partiti, dell’intera società.
Diamo a chi parte svantaggiato gli strumenti per migliorarsi, per continuare a salire nella scala che porta dalla scuola al mondo del lavoro e all’interno di questo.
Sosteniamo chiunque si batta per questo: Brunetta ci va bene o no? In che direzione sta andando, in questa o in direzione opposta? Il sindacato, per decenni, in che direzione è andato?
A me Brunetta va bene, sta rafforzando le condizioni in cui si possa avanzare per merito. Non sta risolvendo il problema della PA? E’ insufficiente? Sì, è insufficiente, ma sta operando nella direzione in cui anche noi vogliamo andare. Per favore non nascondiamoci dietro il solito dito. Cerco d’indagare le resistenze che sento dentro di me: va contro i lavoratori, crea condizioni meno giuste che pagheranno anche i lavoratori seri e meritevoli. Non va contro i lavoratori, non sta diffondendo ingiustizie e se il prezzo da pagare per l’emerginazione dei “fannulloni” è una piccola restrizione nel diritto di tutti gli statali a godere di un incentivo (premio di presenza) in caso di malattia, va bene, va accettato.
La riforma Gelmini, elementari a parte, va nella direzione della meritocrazia o no? Se va da quella parte, allora sosteniamola. Piantiamola di dire che è insufficiente.
Ho fatto solo due esempi, che mi servivano per dire questo. Noi, dopo l’università, nella piccola rivoluzione che ci siamo portati dietro, quella di tutti i giorni, abbiamo lottato per questo a viso aperto o ci sentivamo prendere dai mal di pancia ogni volta che eravamo di fronte a una scelta meritocrazia-egualitarismo? Beh, ve lo dico io e, badate, vedo ancora oggi la fatica che faccio io ogni volta che questa scelta si pone, non sto dicendo voi nella scuola …. Mentre io nella professione ….. No, vi faccio solo due esempi. Qualche anno fa, lavorando con quattro operai ne sud, per un mesetto, gli avevo promesso che avrei dato alla fine un premio “di produzione” a quelli che avessero lavorato con più dedizione. Risultato, due fighi, uno così così e un piantagrane.
Alla fine mi sono scusato con loro e gli ho detto “non ce la faccio” e ho pagato un premio uguale a tutti. Io non scherzo quando dico “mi sento in colpa ogni volta che devo utilizzare un comportamento differenziato rispetto a chi vale e a chi fa un cazzo”.
Secondo esempio: in Libano il capoprogetto (un bravo ragazzo che vota FI) ha scoperto un file nel computer del logista (Ahmed, Libanese, molto simpatico) in cui c’erano tre colonne: voci di spesa, prezzo A e prezzo B, con B>A. In fondo c’erano i totali e una suddivisione delle differenze tra i totali B ed A: Ahmded e Abdallah. In altri termini maggioravano le fatture e spartivano il surplus. Da licenziamento immediato. Eppure non vi dico la fatica che abbiamo fatto in tre, prima di decidere che dovevano essere licenziati. E qui forse siamo ancora più a monte della meritocrazia.
Questa è la nostra eredità egualitaria del 68, che abbiamo ancora dentro e morde ogni volta che la si mette in discussione. Ovviamente poi, a monte del nostro egualitarismo c’è la matrice cattolica e quella credo che non la schioderemo mai da dentro. Ma questa è un’altra storia.
La battaglia è prima di tutto ideologica e Brunetta ha ragione: punire i fancazzisti è il primo passo che si deve fare nell’amministrazione pubblica per poi premiare i meritevoli. E’ difficile, certo trovare dei criteri “oggettivi”, come dicevano sia Giorgio sia Lupo, non esiste l’oggettività, ma non per questo bisogna rinunciare se no continueremo a lamentarci di tutto un mondo italiano, di cui oramai ci vergognamo tutti (c’è un mio caro amico a Nairobi che vuole rinunciare alla cittadinanza Italiana perché ha vergogna) che sembra fossilizzato nel passato, incapace di muoversi in avanti. Cazzo negli altri paesi un politico sbaglia e se ne va. Qua non se ne va mai nessuno. Da questo punto di vista, onore a D’Alema quando si dimise da Presidente del Consiglio.
Guido, dici che oggi la selezione è pesantissima sia nelle scuole che all’università ed io credo che diventi poi selezione di classe, certo. Però non dimenticare che all’università c’è anche un discorso di chi valuta le sue reali aspirazioni o che cambia idea, penso a me a ingegneria o a mio nipote che voleva mollare e non certo per la selezione. Ma poi, che proponi? Io credo che alla fine, sul piano individuale, l’unica possibilità per un insegnante sia proprio quello che dici “stretti tra una realtà educativa sempre più difficile, combattuti tra un ricorso, spesso inevitabile, a comportamenti educativi repressivi e una realtà sociale che necessiterebbe una disponibilità di risorse umane e economiche inesistenti”. Quale altro comportamento se non quello di valutare caso per caso e scegliere anche quando si sa che comunque si commetterà un’ingiustizia, magari scegliere quella che senti minore. Non scegliere equivale solo a far scegliere a qualcun altro al di fuori del contesto. La “psicosociologia di sostegno” va certamente bene, ma siamo realistici, in un momento di crisi come l’attuale, questo non può essere l’obiettivo primario e se devi tagliare, tagli anche lì. Credo meglio lì che alle indennità per i portatori di handicap, ad esempio. Voti e condotta? Beh, se valuti usa lo strumento più appropriato. Anche lì, devo essere onesto, a scuola io studiavo anche per la paura del brutto voto e di essere rimandato. Condotta? Non so quante volte sono stato espulso e quanti 7 in condotta ho preso. Forse sono serviti ai miei professori per farmi stare un po’ più calmo, non ci vedo niente di male.
Il fatto è che noi vorremmo eliminare l’ingiustizia dal mondo, ma è come la lotta contro la corruzione: una battaglia senza fine. Ma se si volesse eliminare del tutto la corruzione con solo misure legislative dovremmo creare una tale struttura burocratica da imbalsamare la società. Oddio non è che non ci abbiamo provato in questo paese!
E’ una battaglia culturale, in cui possiamo avere o il ruolo di chi spinge o di chi trattiene o, peggio di tutto, di chi sta a guardare e dice “eh no, si deve fare di più e meglio”.
Scusate, forse sono andato un po’ fuori tema. Come al solito la passione prende il sopravvento. Ma credo tutto sommato di avr espresso quello che volevo dire. Solo una precisazione, non è che sia a favore dei provvedimenti della Gelmini, non ho analizzato e soprattutto non mi sono informato al punto di sentirmi in grado di dare un parere. Però mi sembra che nel finanziamento alle università si sia introdotto un criterio meritocratico e nei concorsi si siano introdotti dei criteri di “esternità” della commissione esaminatrice e queste due cose mi vanno bene.
Bruno Petrucci