Caro Flavio,
ho letto solo due giorni fa l’allegato alla tua lettera del 1° gennaio. Non so se l’abbia scritta tu o sia la copia di un articolo di qualcun altro, mi pare però che tu ne condivida il contenuto.
Resto stupito. Quelle posizioni, in particolare sulla lotta armata, non sono mai state le nostre, neppure nelle fasi più tarde del movimento e neppure in AO, la distinzione era netta tra noi e quelli dell’autonomia operaia o peggio ancora dei gruppi armati clandestini, che ritenevamo dei nemici del movimento, quelli che sottraevano con le loro azioni spazi di libertà e di azione politica. Certo il tema della violenza fu sottovalutato anche da noi, ma non giunse mai alla condivisione dei metodi della lotta armata, anche allora non si trattava di compagni che sbagliavano. Questo tratto ci divise da altri gruppi, come LC o potere operaio, e non casualmente nessuno delle nostre fila, almeno che io abbia conosciuto, ne fu coinvolto.
Mi sembra ancora più strano che tu, ora, sollevi quelle posizioni, che sono l’immagine sfocata di un passato da non dimenticare, visto che tanti danni hanno portato allo democrazia ed al movimento operaio e progressista, oltre alla insulsa ed ingiusta morte di molte persone. A questo proposito condivido le considerazioni di Bruno.
La crisi attuale ( quella finanziaria ed economica) ricorda l’attualità della critica del capitalismo senza regole e della necessità di trasformazione dell’economia, della ricerca di una società più equa e giusta. Non so come chiamare questo bisogno di cambiamento, perché il comunismo in cui ho creduto, ormai molto tempo fa, si è rivelato, nelle sue manifestazioni concrete, peggiore del sistema democratico-borghese che combatteva e per di più incapace di sviluppare le forze produttive ed il benessere. La Cina ultima espressione di una società che si ispira al comunismo ha adottato il peggio dei due sistemi conosciuti, accoppiando alla mancanza di libertà e di democrazia, una spregiudicata e dirigistica economia capitalistica.
Si potrà dire che nessuna società conosciuta ha sviluppato una seria esperienza comunista, che resta dunque di attualità e nei compiti di chi vuol cambiare la società. Ma qui rischiamo, a mio parere, di dimenticare Marx, il suo insegnamento sull’analisi della società ed il materialismo dialettico per cadere nell’idealismo volontaristico, secondo cui il difetto starebbe nel chi promuove l’azione rivoluzionaria, per cui l’azione di nuovi soggetti sociali ed intellettuali ammaestrati dagli errori del passato potranno raggiungere un comunismo diverso, ma quale?
Qui arresto il mio ragionamento sull’attualità o meno del comunismo, per ragioni di buon senso e di modestia intellettuale, con la convinzione che ciascuno resterà della propria idea.
Resta in ogni caso il problema del cambiamento. Questa crisi, che sarà ancora una volta pagata da chi sta peggio, nasce si da una finanza balorda e disonesta, ma, secondo molti economisti inascoltati, ha le sue origine dal grande squilibrio di distribuzione della ricchezza, pare infatti che negli ultimi decenni si siano trasferiti parecchi punti di pil dal lavoro al capitale e che l’economia si sia via via sempre più sorretta sul consumo a credito, distribuendo il rischio di insolvenza sui risparmiatori, che sono poi la grande massa dei cittadini, attraverso prodotti finanziari fasulli e carte di credito scoperte. Una specie di truffa dei poteri finanziari ed economici, non controllata anzi favorita dalle autorità di controllo, ai danni di tutti, ma nel nome dello sviluppo a tutti i costi. La ricchezza però non si produce dal nulla e ad un certo punto la catena di S.Antonio si è interrotta, con i guai che oggi vediamo anche nell’economia reale.
Come evitare in futuro una crescita economica così distorta, basata sull’esasperazione del consumo a tutti i costi (nei paese ricchi), come modificare i meccanismi di distribuzione della ricchezza secondo principi più equi e giusti, come favorire un vero sviluppo economico nei paesi del terzo e quarto mondo?
E’ questa la domanda complessa a cui la sinistra è chiamata a rispondere.